America, oh America
Lo ammetto. Io amo gli Stati Uniti. Amo quel vento di libertà che spira a stelle e strisce. Amo quei soldati che per due volte sono sbarcati in Europa. Amo il Roosevelt del New Deal, il piano Marshall, i fratelli Kennedy. Amo Walt Whitman e Robert Frost, ma anche Hemingway, Steinbeck, così come Salinger, Keruac, Ginsberg e Bukowski. Amo l’America che ha inventato il blues e il jazz, James Taylor, gli Eagles, Jackson Browne, Joni Mitchell, ma anche Frank Sinatra, Burt Bacharach, Joan Baez, Bob Dylan, Elvis e Bruce Springsteen. Amo l’America che ha votato due volte Barack Obama e ora Joe Biden e Kamala Harris vice.
Certo l’America non è solo questa. E’ anche quella della guerra del Vietnam, del golpe di Pinochet, dei colonnelli in Grecia, delle armi di “distruzione di massa” di Saddam Hussein, del razzismo e dei suprematisti bianchi, della segregazione negli stati del sud, delle armi vendute senza controllo che uccidono.
Insomma, gli Usa sono molte cose e il loro contrario. A novembre scorso Biden ha battuto Trump, il peggiore Presidente della loro storia.
“Questa è l’era della giusta redenzione. Abbiamo temuto al suo inizio. Non ci sentivamo preparati a essere gli eredi di un’ora tanto terrificante. Ma dentro di essa abbiamo trovato la forza di scrivere un capitolo. Di offrire speranza e risate a noi stessi” ( Amanda Gorman al giuramento ).
Dunque gli USA sono molte cose ed il loro contrario. L’America è oggi un paese diviso. Spaccato quasi a metà. E, sarebbe illusorio, per noi pensare che Trump sia una sorta di marziano caduto a Washington e rimasto li 4 anni.
Trump ha interpretato, radicalizzato, strumentalizzato gli umori profondi dell’America più nascosta. Sarebbe un errore pensare che Trump sia un corpo estraneo alla più grande democrazia del mondo occidentale e sarebbe un errore leggere questo fenomeno con occhi intellettuali o con la supponenza ideologica delle magnifiche sorte del progressismo.
Populismo e sovranismo sono parte di un mondo malato che è presente non solo negli USA, ma anche in Europa. Ci siamo illusi per molti anni dopo la fine della seconda guerra mondiale e del muro di Berlino di aver estirpato la mala pianta del sovranismo e del populismo.
Possono essere molte le ragioni del perchè negli ultimi decenni siamo stati attraversati da questo fenomeno, prima carsico e poi dirompente. Il fallimento della globalizzazione, così come la paura di perdere posizioni nella scala sociale, il timore nel vedere il diverso venire da noi, che poi altro non sono che uomini e donne alla ricerca di un vita decente. Tutte situazioni che hanno gettato nel panico milioni di persone che si sono sentite abbandonate dalle élitè politiche e hanno trovato sicurezze in chi ha parlato a loro con la forza della pancia, la semplificazione del pensiero rispetto alla complessità e la banalità di un messaggio senza scrupoli.
Populismo e sovranismo non sono nuovi nella storia dell’umanità, ne è pensabile che siano solo un problema americano anche se a noi del vecchio continente piace pensarlo così per mondarci la coscienza.
Leggete la biografia di Barack Obama e vedrete quanto questi fenomeni sono parte della loro storia, ma leggete anche i due volumi di Scurati dedicati a Mussolini e vedrete quanto populismo e sovranismo l’Europa e l’Italia hanno già sperimentato nel passato. Trump, Berlusconi, Salvini, Grillo non sono altro che le facce recenti di una storia che si ripete.
Si ripete quando si abbandona la capacità di parlare con le masse. Quando i partiti non sono più popolari e diventano solo luogo di carrierismi o di presunzioni ideologiche lontane dal buon senso.
Si ripetono quando si presuppone di essere portatori di verità e non si vede la sofferenza dell’uomo qualunque e lo si lascia in balia di quella destra che è sempre stata più brava a interpretare le paure, ad alimentarle e a trasformarle in luoghi comuni a favore dell’uomo forte, pugno duro e ventre molle. E quando scrivo di destra non intendo i conservatori o i liberali.
La caduta di Trump fa venire meno un grande appoggio ai sovranisti e populisti europei. Le ferite dell’America non sappiamo se saranno sanate da Biden e dalla Harris. Ne’ sappiamo in quanto tempo riusciremo noi a ricostruire i legami di fiducia tra gli europei e i nostri governanti, le sue élitè e i suoi principi democratici rispetto agli sbreghi che abbiamo visto in questi anni.
“Ma una cosa è certa: se uniamo la misericordia alla potenza, e la potenza al giusto, allora l’amore diventerà la nostra eredità. E cambierà il diritto di nascita dei nostri figli. Quindi facciamo si di lasciare un Paese migliore di quello che abbiamo ereditato” (Gorman). La nostra storia è come un pendolo. Sta a noi far si che non si sposti mai troppo e per troppo tempo dalla parte del sovranismo e del populismo.
Roberto Molinari
( La Finestra n. 12 marzo 2021 )