Nel segno dell’integrazione

Nel segno dell’integrazione

In una stagione come questa caratterizzata da un generale livello tendente al basso e contemporaneamente, da un alto tasso di populismo, i politici hanno solo due modi per affrontare i problemi della propria epoca.

O li usano strumentalmente come fosse una ‘nsegna dantesca in cui agli ignavi si sostituiscono gli elettori, oppure, viceversa, li affrontano con pragmatismo, senza fingimento e cercando soluzioni possibili. Il tema dell’immigrazione è sicuramente uno di questi.

È inutile qui che mi dilunghi nel riassumere le dichiarazioni a più riprese elargite negli anni da Salvini o dalla Meloni che oggi gli insidia la leadership populista della destra. La loro posizione è ampiamente nota. No all’immigrazione economica, no ai flussi, ni a quella dei richiedenti asilo (meglio poi se solo bianchi e cristiani…) e, soprattutto, no a qualsiasi riforma della cittadinanza perché se si mettesse mano a questo diritto sarebbe solo un regalo figlio, a detta della Meloni, dell’idea della “sostituzione etnica” degli italiani con gli immigrati (sic).

Nel momento in cui in Parlamento si affronta la discussione sullo “Ius Scholae”, nel momento in cui anche la Chiesa ha fatto sentire forte la sua voce arrivando a dire, tra l’altro, che “la realtà è quella di un milione e 400 mila ragazzi, dei quali 900 mila alunni nelle nostre scuole, che aspettano di essere cittadini italiani e per questo motivo la Chiesa italiana continuerà a sostenere questo tipo di linea che legge una realtà che già c’è, la politica deve prenderne atto” (monsignor Perego, CEI), proprio in questo momento, l’ Amministrazione Galimberti ha messo in campo due iniziative.

Da qualche mese il Sindaco ha affidato la delega ai rapporti con le comunità straniere presenti in città alla consigliera comunale Helin Yildiz, tra l’altro prima consigliera di seconda generazione eletta a Varese. Inoltre il 3 luglio scorso, proprio grazie anche al lavoro di raccordo posto in essere dalla Yldiz, abbiamo incontrato, in una sorta di prima seduta plenaria, ben 30 delle diverse comunità straniere presenti in città.

Alcuni numeri danno il senso delle proporzioni. Oggi a Varese abbiamo circa 80mila abitanti, di questi 10.500 sono stranieri di cui quasi 9.000 extracomunitari. Circa 70 provengono dal Nord America, 1630 dall’America centrale e dal Sud America, 9 dall’Oceania, quasi 2000 dall’Asia, un migliaio dall’Africa, poco meno di 3000 dall’Europa non comunitaria e circa 1200 dal Nord Africa e dal mondo Arabo.

Dunque un insieme variegato di tradizioni, culture e stili di vita di persone che sono venute a Varese, che vi hanno trovato lavoro, casa e in cui faranno crescere i loro figli (come di fatto sta già accadendo) i quali non torneranno più nel paese di origine perché ormai italiani di fatto se non di passaporto.

Con il tavolo aperto domenica scorsa la nostra Amministrazione ha avviato un percorso di dialogo che punta ovviamente non solo alla coesione sociale, ma anche ad affrontare, in via preventiva, i diversi problemi che possono sorgere. Durante l’incontro hanno preso parola diversi rappresentanti delle varie comunità. Hanno portato le loro esperienze e quelle dei figli, sottolineando come, con le loro famiglie, stiano costruendo progetti di vita che trovano pienezza proprio a Varese e che, in ragione di questo, sentono come un dovere il collaborare con l’Amministrazione Comunale mettendosi a disposizione sia come comunità che come singoli.

Tanti, poi, i temi non scontati affrontati in quella che tutti hanno definito una prima iniziativa assoluta che mette in campo argomenti importanti come inclusione, sicurezza in città e partecipazione. Tante anche le idee, come un maggior coinvolgimento nella vita attiva, lavorativa, sociale e sportiva. Anche a partire dai giovani. Condiviso da tutti il ringraziamento per l’istituzione di questo tavolo come luogo di confronto che possa agire concretamente anche proprio per contrastare fenomeni di marginalità e portare proposte per una maggiore integrazione. Insomma, a Varese l’Amministrazione non ha la sindrome del soldato giapponese che finita la seconda guerra mondiale nella foresta non si arrende al mondo che cambia.

Roberto Molinari, Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Varese

(pubblicato su www.rmfonline.it del 7 luglio 2022 )