Ipotesi per una “agenda sociale” ( del PD )

Ipotesi per una “agenda sociale” ( del PD )

Si fa un gran parlare e scrivere in questi giorni di “agenda” per le prossime elezioni tanto che c’è chi si straccia le vesti appena sente parlare di “agenda Draghi” e chi, viceversa, ritiene quest’ultima la panacea per il Paese.

Ovviamente, la verità, come sempre, sta nel mezzo e quindi non mi soffermo su questo.

Vorrei però proporre un contributo che nasce dal mio osservatorio privilegiato di Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Varese per elaborare alcuni spunti per una “agenda sociale” del PD, mio partito, che parta dal punto di vista di un amministratore locale.

Se si guarda ad una “agenda sociale” si pensa, giustamente, a temi come il lavoro, le retribuzioni basse, le pensioni, le diseguaglianze e così via. Tutte problematiche importanti, ma che, ovviamente, riguardano più una proposta generale. Quello su cui vorrei, invece, porre l’attenzione, senza per questo pensare di essere esaustivo, sono alcune priorità che sento come comuni per le amministrazioni locali e in particolare per i servizi sociali.

Dunque, fatta questa introduzione partirei da una preoccupazione che ha ricadute sulla vita quotidiana di almeno 10 milioni di persone nel nostro Paese e quindi anche su un certo numero di nostri concittadini ( si pensi che a Varese, solo per citare un dato, gli over 65 sono oltre 21mila ) ed è la riforma, del “long term care” e cioè la riforma che ha che vedere con la necessità impellente e non più rinviabile di “un sistema organico di assistenza agli anziani non autosufficienti”, un atto atteso da 30 anni e che, con la fine della legislatura, rischia di disperdere quanto è stato finora realizzato e di rendere inutile quanto fatto e di ricominciare daccapo. Occorre chiudere il percorso e mettere lì le risorse economiche necessarie perché le famiglie ormai sono esauste. Secondo intervento “sociale” che ritengo prioritario da mettere nella nostra “agenda”. Occorre un massivo investimento a carattere preventivo su preadolescenti e adolescenti. Occorrono risorse economiche da poter consentire ai comuni di intervenire con politiche di prevenzione e di inclusione, risorse umane e cioè educatori, assistenti sociali e psicologi da poter mettere su progetti atti a gestire fasce di popolazione sempre più fragile, ma anche finalizzati a supportare gli adulti e le diverse agenzie educative in crisi che hanno sempre più bisogno di sostegno e non di nuovi compiti.

Solo al comune di Varese, noi, oggi, per affido giudiziario di minori, spendiamo 1,5 milioni di euro e la cifra così come i casi sono in aumento. Non è possibile lasciare soli i comuni in questo genere di assistenza.

Dunque questo Paese necessita di un massiccio piano nazionale che metta lì le risorse diverse e che le metta a disposizione di chi sa meglio e dove spendere e cioè i comuni ed in particolare i servizi sociali, non in maniera esclusiva, ma in una logica sussidiaria, di programmazione e di rete.

Terzo. La disabilità in tutte le sue forme compresa quella che riguarda maggiormente il comparto sanitario e cioè la psichiatria.

Esistono ancora in questo Paese troppi limiti e troppe storture in tema di disabilità. Troppo spesso lo Stato centrale si affida alla semplice monetizzazione di un bisogno attraverso le pensioni di invalidità o l’accompagnamento mentre occorrono investimenti sui servizi da mettere in campo affinché si possano sostenere il diritto all’autonomia, all’integrazione e le famiglie. Servizi che non possono essere messi in capo ai comuni, ma che devono essere sostenuti da politiche nazionali e regionali che diano risorse si ai comuni, ma sufficienti per rispondere a bisogni sempre più in aumento e a situazioni sempre più complesse che, se percepite e affrontate per tempo potrebbero migliorare la vita delle persone. In questo mi sento di spendere un ulteriore lancia anche a favore di chi lavora nel campo della neuropsichiatria infantile. Non è pensabile andare avanti senza investimenti di risorse economiche, di personale e di nuove comunità attrezzate a rispondere in via preventiva o di riparazione a situazioni che appaiono non gestibili con le normali agenzie educative.

In ultimo, ma certamente non come ultima priorità penso che sia tempo di un investimento Statale di risorse da destinare ai Comuni affinché possano mettere mano sul loro patrimonio edilizio pubblico (quelle che una volta si chiamavano case popolari per intenderci ) affinché si possa intervenire senza consumo di suolo per l’abbattimento delle barriere architettoniche, il risparmio energetico e soprattutto per un loro uso più consono ai bisogni attuali.

Si tratta solo di una parte di quelli che sono i diversi problemi che affliggono le amministrazioni pubbliche ed in particolare i servizi sociali. Ma sono problematiche che rischiano di andare fuori controllo e soprattutto, se non si ha la giusta sensibilità, rischiano solo di essere messe in capo ai Comuni da parte delle Istituzioni superiori che, per far quadrare i loro bilanci, delegano alla periferia la soluzione e la soddisfazione degli intenti di principio a cui il Paese ha aderito. Un partito che vuole avere un dialogo con i ceti popolari fuori da ogni logica ideologica, un partito come il Partito Democratico che vuole rappresentare tutti i ceti popolari non può non avere una sua “agenda sociale” attenta anche ai bisogni denunciati da chi amministra né può pensare di delegare ad altri le politiche sociali determinanti per alimentare e sostenere la nostra coesione sociale, vero faro di chi ha fatto del “non lasciare indietro nessuno” il punto principale del proprio impegno a favore della comunità nazionale.

Roberto Molinari

Assessore ai Servizi Sociali

Comune di Varese

( pubblicato l’8 agosto del 2022 sul quotidiano “La Prealpina” )