L’OPA DI GIORGIA

L’OPA DI GIORGIA

Con la scomparsa di Berlusconi si chiude un ciclo politico durato circa una trentina d’anni. Su questo e forse solo su questo punto c’è l’unanimità dei giudizi.

Non voglio qui ripercorrere le tappe di questo percorso, né tantomeno porre valutazioni politiche o morali circa la figura di colui che è stato tante cose e il loro contrario. Di una, tuttavia, si può essere sicuri: Berlusconi è stato colui che ha contribuito a costruire un modello di bipolarismo muscolare nel nostro Paese e plasmato il sistema politico a sua immagine. O meglio: ha fatto sì che ogni tornata elettorale fosse un referendum su di lui, costruendo così in Italia un centrodestra diverso rispetto al resto d’Europa.

Scritto questo e lasciando il giudizio agli storici, credo che oggi occorra, anche per fuggire alla retorica di coloro che si sentono delegati dal Padre Eterno a dare diverse patenti e beatificazioni, ragionare su quello che potrebbe essere il futuro assetto del quadro politico italiano e del centrodestra (o destracentro come attualmente conosciamo).

E dunque proviamo a fare un po’ di fantapolitica. L’accaduto è esattamente quello che la Meloni voleva. Innestare un processo di beatificazione del personaggio scomparso al fine di costruire una narrazione per tutta l’attuale compagine di Governo.

Partendo da questo presupposto la vera erede del Cavaliere – erede non designata, ma auto nominata per effetto elettorale e svuotamento di Forza Italia – si muoverà nei prossimi mese con circospezione. Verificherà la tenuta possibile del partito fondato dal Cavaliere, anche perché da essa dipendono i numeri del suo governo, e valuterà se e quando lanciare un “opa” su di esso.

Senza Berlusconi Forza Italia è destinata a sparire e quindi il problema per la Meloni è tenere i voti nella destracentro attuale ed evitare la diaspora dei parlamentari verso Renzi: quest’ultima ipotesi è quella che più la terrorizza.

Dunque cosa potrebbe accadere? Il gossip dice un accordo tra donne. Un accordo tra l’attuale capo del governo e Marina Berlusconi, nel quale il limite tra politica ed interessi economici sarà labilissimo (ma questo non è una novità visto che è stato il faro guida anche del Cavaliere in questi trent’anni). Un accordo che possa portare a tutelare gli interessi e a far confluire nel partito unico della destra anche Forza Italia.

Perchè partito unico? Proviamo ad immaginare. La Meloni vuole caratterizzare il nuovo assetto politico con una destra che si trasformi in partito conservatore. L’orizzonte europeo le interessa relativamente: le importa più il quadro politico nazionale e le condizioni per poter governare a lungo. Quale potrà essere dunque il momento più opportuno per la Meloni per lanciare un’opa su Forza Italia attraverso l’idea del partito unico “conservatore”, sul modello del partito repubblicano americano? E chi entrerebbe più in difficoltà in questo schema? Salvini certamente, ma la premier potrebbe procedere a grandi passi nel liberarsi delle scorie più fasciste del suo elettorato, costringendo l’alleato Salvini a miti consigli o a ridursi sempre più in termini di peso elettorale, obbligandolo a scegliere se entrare nella nuova formazione politica o svolgere un ruolo da alleato regionale sul modello CSU bavarese.

Ovviamente non è che questo progetto debba già intendersi come fatto. Esistono delle variabili. Quella più impegnativa è rappresentata da Renzi. L’uomo che fa e disfa i governi, come sappiamo, è un abile tattico oltre che capace di manovre parlamentari. Quindi potrebbe riuscire a catalizzare sufficiente forza, sia dagli elettori ex Forza Italia, sia tra i parlamentari il cui salto in Fratelli d’Italia apparirebbe troppo indigesto.Due le altre variabili. La prima. Berlusconi ha fondato il suo successo elettorale sul fatto che il centrodestra fosse a trazione centro: oggi, invece, abbiamo la destra che governa sulle alleanze. Seconda opzione. Renzi, Salvini hanno dimostrato quanto le leadership si esauriscano in fretta in questo Paese e quindi anche la Meloni potrebbe incorrere negli stessi errori dei due. In ultima istanza mi viene da sottolineare che questo è un Paese che si tiene insieme ed è intimamente “proporzionalista”: l’eredità berlusconiana del bipolarismo muscolare non solo ha reso più fragile le nostre istituzioni, ma rischia, se portata avanti, di aggravare ulteriormente le debolezze, le divisioni e i limiti di un sistema politico e dei partiti che dura da oltre trent’anni.

Roberto Molinari

( pubblicato da www.rmfonline.it del 23 giugno 2023 )